Newsflash

Il veterano

FOIBE/ Storia affogata nella propaganda
 
(da: Messaggero Veneto — 02 marzo 2010)  
 
Ho 90 anni, sono un veterano della seconda guerra mondiale, maresciallo-pilota idrovolantista. Per le operazioni durante la “Battaglia dei convogli”, nello Ionio, mi è stata assegnata la medaglia d’argento al valor militare. Dopo l’armistizio, tra il febbraio e il maggio del 1945 ho militato nelle formazioni Garibaldi-Natisone di stanza sul Collio, e ho partecipato alla liberazione di Udine il 1º maggio 1945. In questi giorni ho seguito le vicende del consiglio comunale di Udine, circa l’intitolazione di una via ai martiri delle foibe. A distanza di anni c’è da restare sgomenti davanti all’infantilismo dei giovani militanti, che fanno della toponomastica una questione politica, anzi ideologica. Alla mia età guardo all’Italia di oggi, alla palude della corruzione, alle questioni dell’ambiente, alla crisi economica. E questi si perdono con battaglie di retroguardia, come negli anni 50. Concediamo però che la questione possa essere seria. Io dico: si può opinare se Bettino Craxi debba o meno esser celebrato con un martirologio a Milano. In fondo è morto in pensione ad Hammamet, senza scontare la condanna, mentre molti dei suoi son finiti in galera dopo Mani pulite; non si può certo opinare sui martiri delle foibe! Per quanto possa finirci dentro il peggior criminale di guerra fascista, morire in quel modo mi sembra terribile: figuriamoci gli innocenti trascinati nelle forre assieme ai colpevoli. Il punto è un altro: ci si ostina ancora a disputarsi la storia, per far propaganda, quando sugli avvenimenti del confine orientale, nel dopoguerra, con la propaganda ci ha marciato tutta una generazione di politicanti. Con il risultato che, come fra due che divorziano, a rimetterci è il bimbo, così fra bianchi e rossi ci hanno sempre rimesso i fatti e la verità storica. Prendiamo Porzûs: già Pasolini, che aveva visto trucidato il fratello Guido, implorava ai democristiani di non strumentalizzare le vittime, farne dei martiri, criminalizzare il movimento partigiano. Niente da fare. In Friuli la Resistenza ha coinciso con questa tragedia. La propaganda nazionalista e anticomunista ci ha dato dentro al punto da farci dimenticare le rappresaglie: paesi in fiamme, impiccagioni, torture. Gli studenti sanno forse qualcosa di Torlano, Avasinis, la fossa di Palmanova? Li sfido a rispondere al quiz. Si è parlato in questi anni solo di Porzûs e dei partigiani che rubavan galline. Dall’altra parte la Sinistra ha fatto un’epica della Resistenza, al punto da farcene dimenticare i lati oscuri, come le provocazioni gappiste o la polizia partigiana. Oggi la storiografia ha portato alla luce aspetti scomodi alla retorica resistenziale: solo che è sorta tutta una contro-retorica revisionista, che forse dimentica come la Costituzione repubblicana nasca dalla Resistenza, e la storia abbia dato ragione alla guerra di Liberazione, non ai ragazzi di Salò. Prendiamo ora le “foibe”: mi pare che anche questa tragedia sia stata documentata; oggi è giustamente celebrata con il Giorno della memoria. Ma probabilmente nel dopoguerra non era di interesse politico portarla alla ribalta, per tenersi buono Tito; come è accaduto per “l’armadio della vergogna”, vi ricordate, con le prove degli eccidi nazifascisti tenute nascoste per non infastidire i tedeschi. Quello che mi preme ribadire è che dal dopoguerra in poi la storia del confine orientale è affogata nella propaganda politica. Ciò ha distorto la realtà cruda e complessa della guerra che abbiamo vissuto in prima persona, e di cui il più delle volte non eravamo coscienti nemmeno noi, quando scorreva sulla nostra pelle. Per esempio non possiamo dimenticarci di esser stati anche noi forze di occupazione, in Slovenia e in Croazia. E perciò non si può denunciare la barbarie delle rappresaglie subite con le foibe, senza valutare quelle fatte. Insieme con mio figlio, indagando con lo spirito da studente, ho scoperto di recente alcuni documenti che mi hanno fatto rabbrividire. Li riporto, così come sono emersi dai siti Internet, quasi come macabri resti dalle foibe. Siamo in Slovenia. È il 3 agosto 1942. A margine del marconigramma 13069/op., il comandante della divisione Granatieri di Sardegna, generale Taddeo Orlando, comunicava al comando della XI Armata l’avvenuto inoltro di «37 uomini validi senza specifiche imputazioni per l’internamento e 3 briganti comunisti feriti», il generale Robotti annotava stizzoso: «Perché non li hanno fucilati? Fargli questo appunto (e fuciliamoli noi)». «Si ammazza troppo poco». Non sono uno storico, ma un ex combattente. Amo questa povera Patria. Ma la propaganda continua ancora a giocare su di noi, sopravvissuti, e sui poveri morti, dimenticando i fatti. La guerra porta con sé violenza, eccessi, brutalità che le lapidi non bastano, per ricordare, né la politica, per far quadrare il cerchio.
Albino Braida San Giovanni al Natisone